Lo stato attuale della nostra civiltà, con riferimento alla produzione architettonica, sembra potersi inquadrare in un processo irreversibile che punta all'abolizione di ogni controllo pubblico sull'organizzazione della città e dei fenomeni edilizi a favore di un capitale privato sempre più insofferente verso questioni etiche o normative e che ha l'unico obiettivo di espandersi all'infinito, anche in questa fase di evidente declino dello stesso capitalismo, così come una stella morente nelle ultime fasi della sua vita si espande in maniera violenta nelo spazio fino poi a collassare su se stessa.
Analizzando le moderne metropoli possiamo vedere, al di là di ogni lettura paradossale, il prevalere di sole due categorie tipologiche: il grattacielo e la baracca. Per metropoli ovviamente intendo, non i nostri centri abitati medi o piccli, ma quelle città con dieci o venti milioni di abitanti, nelle quali semplicemente assistiamo ad una forbice tra ricchi e poveri che si va facendo più netta a dispetto della complessità e poliedricità che la civiltà contemporanea ama tanto manifestare.
Paradigmatiche in questo senso le esperienze di SanPaolo in Brasile, Città del Messico, Pechino, ed in misura minore Parigi, Londra. Quasi caricaturale e apparentemente poco preoccupante la situazione italiana che come sempre vive i fenomeni mondiali a dimensione più casalinga, vedi le tensioni tra cittadini e campi rom degli ultimi mesi o le polemiche per la costruzione dei grattacieli a Milano.
Il tratto che emerge in misura preponderante è comunque l'aumento del caos e del delirio collettivi.

Nessun commento:
Posta un commento